Willie Peyote, il successo di un nichilista

Gli ultimi anni hanno sancito nella fruizione della musica un drastico cambiamento. L’avvento dello streaming musicale e il libero accesso a video, foto, post degli artisti che seguiamo ha spostato l’attenzione e il giudizio del pubblico su tanti altri aspetti oltre quello prettamente sonoro. È logico, a questo punto, porsi una domanda: quanto è importante per un artista portare in giro per l’Italia uno spettacolo live di rilievo? Se lo chiedete a Willie Peyote vi risponderà “moltissimo”.

Siamo andati alle Officine Cantelmo, sala concerti attivissima a Lecce per qualità e quantità di artisti, senza pari nel capoluogo salentino. E proprio qua il 26 Gennaio ha fatto tappa Willie Peyote con una tappa del tour Ostensione della Sindrome, partito in concomitanza con l’uscita del suo ultimo lavoro: Sindrome di Touret. Non è una data come le altre per il rapper torinese, le ragioni sono presto dette. Lecce è il luogo dove parte del disco ha preso forma ed è stato registrato e il caso ha voluto che fosse proprio questo tour il primo a portare Peyote e la Sabauda Orchestra Precaria in Salento.
L’idea alla base della riproposizione live della Sindrome di Touret è chiara: dare ai pezzi dell’artista torinese una seconda chiave di lettura, con una rinnovata attenzione all’aspetto strumentale. Operazione riuscita in pieno, i brani più recenti del Peyote si uniscono a quelli più datati in un mix omogeneo che sa unire il rap a groove ricercati senza dimenticare di far divertire il pubblico, che ha gremito come poche altre volte le Officine Cantelmo. Sta proprio qua la chiave di lettura del successo di Willie: il suo è un concerto che appassiona dall’inizio alla fine e dà un’alternativa ai canoni soliti dell’hip-hop, chiuso nella dicotomia tra mc e dj, senza snaturare un’attitudine hardcore rap che caratterizza il rapper torinese fin dagli albori. Avere una crescita di pubblico così vasta è sicuramente frutto di un lavoro ben architettato sia nella realizzazione del disco che in sala prove.
Il live si apre con Avanvera, pezzo introduttivo della Sindrome di Touret e continua con Glory Hole, giusto per mettere in chiaro che il rap è pur sempre al centro dello spettacolo. Due ore di spettacolo senza sosta, in cui Peyote e la Sabauda Orchestra alternano intermezzi jazz (Giusto La Metà Di Me) a momenti quasi dance (C’era Una Vodka e T.M.V.B). Non c’è ripetitività nei vari pezzi, il suo modo di fare a tratti arrogante non scade mai nella saccenza, tuttalpiù riflette un realismo scanzonato, leggero. Con Willie Peyote non è il caso di prendersi troppo sul serio.
Il rapper torinese si sta dimostrando sempre di più un artista polivalente, capace di tenere la scena come pochi e di costruire con il pubblico un rapporto intimo, di annullare la barriera ideale tra palco e platea. Willie Peyote ha saputo costruirsi il suo personaggio, ma, aspetto fondamentale, dietro l’immagine c’è contenuto. Una gran bella notizia per la musica italiana.