Urban Girls #4 – Leva57 “il problema va risolto a monte, normalizzando il corpo della donna esattamente come quello di un uomo”

Urban Girls, quarta intervista dedicata da quando abbiamo inaugurato questa rubrica sul nuovo sito de IlRappuso.com! Oggi ho l’onore di farvi leggere le parole di una donna che non ha bisogno di presentazioni: Leva57.
Mentre stavo leggendo il libro di Amir, Rap In Classe, mi è venuto in mente che sarebbe stato perfetto avere “la voce” di Leva57 all’interno di un contesto come Urban Girls.
Leva57 con la sua esperienza, le sue skills e la sua personalità la rendono, almeno ai miei occhi, un’incontestabile fonte per parlare di donne, problemi di donne nel contesto musicale e lavorativo, ed estetica.
Che dire … spero che l’intervista vi piaccia e possa essere ispirazione per tutte le Urban Girls e, in generale, per chiunque ci legga!

Potrebbe sembrarti una domanda scontata … ma ti va di riassumere tutto quello che stai facendo in questi anni?
Da un po’ di anni risiedo a Londra e mi dedico alla musica e al DJing in varie forme: ho le mie date come party DJ in UK, Italia o Europa. Proprio la scorsa settimana sono stata invitata a Berlino al Maaya, un club storico strepitoso che mi ha vista ospite per una notte dedicata ad una selezione Old School di tutti i generi Black, dal Funk al Soul, fino ad arrivare all’ R&B, e ovviamente non poteva mancare l’Hip Hop.
Spesso sono ospite come DJ di cypher, battle e party per eventi di danza e, quando mi chiamano, insegno DJing e cultura Hip Hop negli istituti penitenziari per ragazzi, che è forse una delle attività legate al DJing a cui amo dedicarmi di più. Anni fa scrivevo molto per riviste e siti di settore, e sono contenta di aver ripreso, dedicandomi però ai libri. Ho curato la traduzione inglese ufficiale del libro “Original London Style” di Giuseppe Pipitone aka U.Net, ho dato il mio contributo per “Kill Tha G Word – The Italian Years of P.H.A.S.E II” di Maurizio D’Apollo, e per “Rap in classe” di Amir Issaa.
Sono tre libri unici nel loro genere, il primo perché nel Regno Unito non era mai uscito un libro del genere, il secondo per l’immensità della figura del writer Phase II e i suoi anni trascorsi in Italia, e il terzo, edito per la casa editrice Erickson, perché mancava nella scuola secondaria italiana un libro sul Rap e l’Hip Hop dedicato ai ragazzi più giovani e curato finalmente da una personalità attivista della nostra Cultura come Amir.
Su Facebook non ci sei più e raramente fai update sui social. Questa è una grossa controtendenza e mi piace molto. Posso chiederti come mai questa scelta?
Me lo hanno detto in molti che è una grossa controtendenza, e anche a me piace molto (ndr Ride!). Ho notato che le nuove generazioni quasi non postano, o li usano solo per le storie. Mi trovo molto in linea con loro. Mi piace usare i social come Instagram solo quando ho qualcosa da comunicare o promuovere, non sono contro.
Spesso si pensa che se non esisti online allora non sei produttivo, magari per alcuni è così, ma non per me. Quando io sparisco dai social vuol dire che sto lavorando a qualcosa di importante e che richiede concentrazione e continuità.
Li uso solo il tempo necessario, voglio esserne quasi indipendente e dedicare il tempo di qualità all’essere produttiva e alla cura dei dettagli dei miei progetti e delle collaborazioni.

Di recente ho avuto il piacere di intervistare Amir, appena uscito con libro che hai citato “Rap in Classe” in cui è presente un intero capitolo scritto da te. Come hai deciso di strutturare le pagine che riguardano “Il Rap e le donne”?
Amir mi ha chiamata e mi ha detto: “Sto lavorando al libro “Rap in classe” e vorrei che fossi tu a scrivere il capitolo sul Rap e le donne, perché è giusto così, io sono un uomo e non posso scrivere per conto di una donna. Te la senti?”.
Ho davvero apprezzato la sua umiltà, non è da tutti: è molto importante che gli uomini capiscano che la narrativa delle nostre vite è nostra e dobbiamo raccontarla solo noi, così ho deciso di accettare. In seguito, Amir mi ha illustrato meglio il progetto, spiegandomi a che target era indirizzato e che sarebbe stato importante condividere la mia esperienza personale e il mio percorso nella cultura Hip Hop, affinché altre ragazze potessero prenderne ispirazione.
Non mi ha costretta a farlo, ma ho capito che i suoi suggerimenti erano preziosi e ho deciso di seguirli. Ovviamente mi ha anche illustrato tutti gli altri argomenti che avrebbe affrontato nel libro, ma per il resto mi è stata data carta bianca e gli sarò sempre grata per questo.
Appena ha iniziato a scriverlo, mi ha inviato la bozza del libro impaginato, e ho quindi deciso di contribuire raccontando una piccola parte della mia vita personale e artistica, aggiungendo anche citazioni di testi di alcune rapper donne con cui ho lavorato nel corso degli anni, o che semplicemente mi hanno ispirata nel corso degli ultimi 30 anni.
Sono contenta che anche la casa editrice Erickson si sia fidata al 100% di noi, riconoscendo il valore e la professionalità delle nostre figure non solo come artisti ma anche come educatori.

Ad un certo punto scrivi:” Le rapper hanno sfidato stereotipi e pregiudizi, dimostrando che l’amore, la passione e il talento non hanno genere”. Posso chiederti di approfondire con degli esempi concreti?
Molte rapper come Queen Latifah hanno sfidato stereotipi e pregiudizi, continuando per la propria strada a testa alta con perseveranza, senza farsi influenzare dall’ambiente che ai tempi era abbastanza misogino e machista. Hanno creduto in loro stesse e nelle altre donne quando nessun altro lo faceva, basta leggere il testo della sua U.N.I.T.Y. con cui nel 1995 ha anche vinto un Grammy.
Non voglio che vengano fatti nomi, non mi pare corretto, soprattutto perché come Urban Girls vogliamo supportare e non demolire. Ma credi che “sfidare stereotipi e pregiudizi” sia un concetto che valga per tutte le donne che al momento sono “in vetta” in Italia o credi che, in realtà, molte incarnino proprio quei pregiudizi che cerchiamo da anni di annientare?
Io penso che il male di tutto siano i pregiudizi e gli stereotipi. Nessuno aveva pregiudizi quando LL Cool J, Big Daddy Kane, 2Pac, 50 Cent – la lista è lunghissima – esibivano fieri i loro pettorali, muscoli e addominali nelle copertine dei loro dischi.
Non capisco perché tutti si scandalizzano quando poi è una donna a farlo, o a esibire parte del suo corpo sul palco quando arriva in “vetta”, e soprattutto è anche brava a fare Rap o è una brava DJ. In USA e UK questo meccanismo perverso viene definito “double standard”, che si usa quando si applicano criteri di valutazione diversi nei confronti di persone che si trovano nella stessa situazione.
Ecco, penso che il problema vada risolto a monte, normalizzando il corpo della donna esattamente come quello di un uomo, cioè guardandolo senza malizia alcuna senza sessualizzarlo ogni volta che viene mostrato.

Parliamo di te. Domanda in stile Urban Girls! Come vivi l’essere donna all’interno della scena Hip Hop? Hai mai avuto difficoltà?
L’Hip Hop è lo specchio di quella che è la nostra società. In Italia e all’estero, nell’Hip Hop e nella vita normale, da donna ho subito tanti torti e tentate umiliazioni.
Ma ci tengo davvero tanto a sottolineare che grazie all’Hip Hop ho anche vissuto esperienza indimenticabili, conosciuto persone che mi hanno aiutata, ascoltata, e soprattutto ispirata a crescere spiritualmente, o che mi hanno hanno dato un’educazione all’imprenditoria che la scuola non mi ha mai dato.
Ovviamente non è stato piacevole e in passato ne ho anche sofferto, ma ciò che mi ha dato la forza di non mollare è stato leggere tanto sull’amor proprio e circondarmi di persone che mi amavano, e credevano in me, se mi criticavano, lo facevano in maniera costruttiva, lasciando perdere tutti coloro che mi insultavano gratuitamente o volevano in qualche modo ostacolarmi.
Credi che, in generale parlando dell’occidente, si possa parlare di uguaglianza e inclusione oggi o c’è ancora tanto da fare?
Mi piace essere positiva e notare tutti i passi in avanti e gli obiettivi che abbiamo raggiunto negli ultimi anni, ma credo che ancora ci sia molta strada da fare.
Abbiamo molte donne davvero brave in quello che fanno, anche dietro le quinte, e non hanno niente da invidiare alle skills e allo stile degli uomini. Le donne dovrebbero essere incluse di più nelle line up e nella produzione artistica degli eventi, nelle conferenze, nei workshop e nei panel di discussione.
A volte si potrebbe semplicemente fare un po’ più di ricerca per scovare piacevoli sorprese, cioè molte donne che sono davvero brave in ciò che fanno ma rimangono nell’underground, quando per emergere avrebbero solo bisogno di più visibilità e possibilità, le stesse che vengono date agli uomini.

Donne, Hip Hop, estetica. Un argomento essenziale per una rubrica come Urban Girls Partendo dal presupposto che la bellezza è soggettiva … Qual è il tuo punto di vista se parliamo di fashion, make-up, moda e lo andiamo a unire all’hip hop? Una donna può definirsi testa Hip Hop e amare anche il glamour?
Nella cultura Hip Hop l’estetica e lo stile sono sempre stati importanti e fondamentali. Quando l’Hip Hop ha iniziato ad espandersi, molte donne adottavano spesso uno stile androgino, che seguiva molto il look maschile. Questo succedeva per giocare ad armi pari.
Nel corso dei decenni, soprattutto a partire da fine anni 80/primi anni 90, con la sperimentazione e la fusione dell’RnB e del New Jack Swing con l’Hip Hop, alcune donne, consapevoli delle proprie capacità artistiche e dopo aver guadagnato il rispetto dei propri colleghi uomini, hanno iniziato a rompere alcune barriere contro la mascolinità tossica.
Molte rapper e DJ hanno iniziato a dimostrare un livello di fiducia in sé stesse e il loro stile anche attraverso l’esibizione di gioielli, make-up vistosi, vestiti e acconciature, fino ad arrivare a collaborazioni con case di moda, stilisti e designer leggendari.
Negli ultimi anni le rapper più famose hanno dettato trend importanti nell’industria del beauty, presenziando anche su red carpet prestigiosi. Per rispondere alla tua domanda: l’importante è spaccare musicalmente, per il resto ognuna è libera di indossare ciò che la rende più felice e che la fa star bene con sé stessa, anche quando purtroppo viene giudicata solo per l’aspetto esteriore.
Il resto sono solo chiacchiere e giudizi tristi e sterili che alimentano quel double standard di cui parlavo prima, e che in futuro, grazie all’aiuto e la maturità di tutti noi parte della nostra community, speriamo abbiano sempre meno spazio nell’Hip Hop e anche nella società in generale.

Domanda conclusiva per Urban Girls: sei felice? Hai un equilibrio?
La felicità è fatta di attimi, che ho imparato ad apprezzare quando accadono. Sono molto grata per le opportunità che mi vengono date da chi mi chiama per collaborare o a portare i miei DJ set in giro per il mondo.
L’Hip Hop mi ha sempre dato l’opportunità di viaggiare tantissimo e di visitare posti meravigliosi, conoscere culture diverse e gente fantastica da cui prendo ispirazione. Sono molto serena e ho un ottimo rapporto con me stessa, con la mia mente e il mio corpo.
Penso sia un gran traguardo. Vivo dandomi degli obiettivi, e faccio di tutto per perseguirli con pazienza e perseveranza. Credo molto nell’amor proprio, e ogni giorno prendo spunto da una frase di Maya Angelou che ho letto molti anni fa e continua ad essere il mio mantra: “il successo è amare te stessa, amare quello che fai e come lo fai”.
Spero che qualcuno, leggendola, possa prenderne spunto per migliorare la propria vita, come è successo a me. One Love.
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